Rimuginio: come nasce e come ridurlo
- Angelica Cesaria
- 31 mag 2024
- Tempo di lettura: 6 min

Che cos’è il rimuginio e quando diventa problematico.
Con il termine rimuginio si indica una modalità di pensiero prevalentemente negativo, analitico, ripetitivo che ha un impatto fondamentale nel sostenere molti disturbi psicologici. Rimuginare è un’attività che tutti sperimentiamo normalmente ogni volta che ci ritroviamo a riflettere a lungo su un fatto, esaminandolo in tutti i suoi aspetti, in modo insistente, quasi ossessivo.
Il rimuginio, dunque, non necessariamente rappresenta una condizione problematica o patologica, a meno che la persona non si ritrovi incastrata in questi pensieri ripetitivi senza che questo comporti la messa in atto di comportamenti funzionali, utili o risolutivi. Al contrario, quando l’intensità del rimuginio diventa eccessiva, fino a rendere difficile controllarla, esso stesso diventa un elemento di mantenimento o peggioramento dello stato mentale., come normalmente accade nei disturbi su base ansiosa, fino ai disturbi depressivi.
La caratteristica peculiare del rimuginio è la presenza di pensieri riguardanti preoccupazioni e incertezze riguardo al futuro, generalmente teoriche o astratte, che si concretizzano in frasi e immagini mentali che si ripetono incessantemente a vuoto. Questa attività di pensiero può comportare diverse difficoltà nell’umore, nella concentrazione, nell’attenzione, e nel problem solving, oltre a varie forme di somatizzazioni corporee che possono esprimersi attraverso rigidità muscolare, insonnia, irrequietezza, mal di testa, irritabilità, problemi digestivi e cardiovascolari.
A cosa serve il rimuginio e da cosa dipende.
Ogni comportamento umano è orientato a uno scopo e il rimuginio non si sottrae a questa regola. Apparentemente, il riflettere ripetutamente e ossessivamente potrebbe sembrare utile per prevenire, evitare, risolvere o limitare i danni, derivanti da una potenziale minaccia. Tuttavia, a lungo termine, gli effetti di un’attività mentale strutturata in questo modo possono peggiorare l’ansia e il tono dell’umore.
Vediamo quali sono le principali funzioni del rimuginio:
- Quando la persona inizia a rimuginare, inizialmente sembra apportare diversi vantaggi come una riduzione dell’ansia percepita (grazie alle diverse possibili soluzioni che appaiono disponibili). Rimuginare sembra apparentemente favorire una serie di conclusioni pratiche su come risolvere un eventuale problema. In realtà il rimuginio patologico non porta a soluzioni concrete, ma come una spirale gira intorno al problema senza concludere nulla in termini di comportamento, ma lasciando la persona talvolta più stanca e confusa.
- Inoltre, apparentemente permette alla persona di sentirsi più tranquilla in quanto percepisce che il suo stato di attivazione le consente di mantenere un’alta vigilanza sugli eventi e quindi anche sulla condizione temuta. Ma, come abbiamo già visto, questa condizione di costante ed eccessiva preoccupazione aumenta l'ansia e peggiora il problema.
- Infine, in alcune situazioni, il rimuginio potrebbe rappresentare una forma di distrazione da un evento considerato maggiormente catastrofico rispetto a quello su cui si concentra l'attività rimuginatoria. Alcune persone applicherebbero il rimuginio per evitare di entrare in contatto con le preoccupazioni più gravi, rimanendo focalizzati su preoccupazioni a minor impatto emotivo.
Come tutte le situazioni caratterizzate da scarsa tolleranza all’incertezza, il rimuginio è considerato una delle componenti principali dell'ansia (in particolare del disturbo d'ansia generalizzato), in cui la persona si convince che gli eventi prenderanno un corso spiacevole o pericoloso e ripropone questa convinzione nel dialogo interno con se stessa. I pensieri che si focalizzano su contenuti catastrofici percepiti sempre più come indiscutibili e intrusivi. Questo, perché il rimuginio cattura totalmente la nostra attenzione e la mantiene focalizzata su informazioni e contenuti spiacevoli e temuti, aumentando ulteriormente la preoccupazione e, quindi, lo stato di attivazione e vigilanza; questo spiega perché quando si inizia a rimuginare è così difficile smettere.
Molti autori si sono occupati di studiare il rimuginio e concordano sul fatto che sia una modalità di fronteggiamento dell’ansia, generata dalla percezione che stiano per verificarsi situazioni pericolose o incerte, e dunque difficili da gestire; rimuginare sulla situazione temuta ha proprio lo scopo di prevenirla e controllarla (Harvey, Watkins, Mansell, & Shafran, 2004). Inoltre, il non verificarsi delle conseguenze temute viene erroneamente interpretato come conseguenza positiva all’attività rimuginatoria e determina, pertanto, il rinforzo di questa modalità di pensiero (Borkovec et al., 2004).
Alla lunga, però, chi rimugina si percepisce debole, fragile, insicuro, spaventato e costantemente alla ricerca di rassicurazioni, soggiogato dalla pericolosità del futuro, di conseguenza il rimuginio si cronicizza e diventa disfunzionale e maladattivo (Clark, & Beck, 2010).
Come si può ridurre il rimuginio.
Come abbiamo visto, una delle motivazioni principali per cui è così difficile contenere e ridurre il rimuginio, è proprio l’errata convinzione che continuare ad interrogarsi su un possibile esito negativo di una situazione possa essere utile a controllarla e, indirettamente, che smettere di preoccuparsi del problema vorrebbe dire comportarsi in maniera imprudente e favorire l’avverarsi delle condizioni catastrofiche più temute. Questa serie di credenze rende difficile per la persona rinunciare a rimuginare e considerare atteggiamenti più funzionali per il suo benessere.
Tuttavia, è possibile modificare alcuni aspetti in modo da iniziare a ridurre il rimuginio. Ecco alcune delle strategie più efficaci:
1. Comprendere i meccanismi che innescano e mantengono il rimuginio, acquisendo la consapevolezza che questo processo, malgrado gli apparenti benefici iniziali, nel tempo comporta costi immensi sulla qualità della vita psichica e fisica della persona. Inoltre, è bene riflettere sul fatto che, in nessun modo, il rimuginio ossessivo riesce a risolvere la situazione mentre, di certo, può peggiorarla.
2. Modificare la modalità di interrogarsi rispetto al problema. Nel rimuginio, generalmente ci si pone domande piuttosto astratte del tipo “E se accadesse… e non fossi in grado di affrontarlo?”. È invece di fondamentale importanza sforzarsi di definire in maniera precisa e concreta la problematica temuta e, successivamente, approcciarla domandandosi piuttosto quali azioni si potrebbero compiere per migliorare le proprie possibilità di fronteggiamento della situazione.
3. Riflettere sul proprio stato d’animo, sulle proprie emozioni e sulle reali necessità che spingono la persona a cercare rassicurazione rimuginando. Come abbiamo detto, esiste una sostanziale differenza tra un rimuginio “utile” e funzionale (che genera soluzioni concrete che vengono messe effettivamente in pratica, producendo risultati positivi), e una modalità di pensiero disfunzionale. Vale dunque la pensa chiedersi “quali conseguenze sta generando il rimuginio? È utile per le mie finalità?”. Il rimuginio patologico non solo non si rivelerà utile ma, al contrario, aumenterà il sentimento di pericolo, di impotenza e di paura, tanto da indurre procrastinazione o addirittura evitamento. Questo aspetto è particolarmente pericoloso perché rappresenta un passo fondamentale nell’instaurarsi di diverse tipologie di disagio psicologico e va sempre attenzionato.
Se si nota che si stanno mettendo in atto comportamenti di evitamento, intervenire al più presto per interrompere il processo di evitamento della sofferenza (e quindi della possibilità di affrontare in maniera utile la problematica) che, alla lunga, può cronicizzarsi con effetti dannosi. L’instaurarsi di meccanismi di evitamento ripetuti non va mai sottovalutato e, se occorre, è importante considerare di richiedere un aiuto professionale.
4. Spostare l’attenzione dedicandosi ad altre attività piacevoli e gradite, che possibilmente implichino una componente fisica o manuale attiva concentrandosi sulle azioni da compiere e sugli aspetti sensoriali. Anche l’attività fisica può rivelarsi estremamente benefica per interrompere il rimuginio.
5. Lavorare sulla tolleranza all’incertezza e alla sofferenza: questo permette di diminuire in maniera importante il bisogno di ricorrere al rimuginio, in quanto la persona si sentirà più capace di fronteggiare emozioni spiacevoli come ansia e paura, consentendosi di reagire con comportamenti e strategie più funzionali per il suo benessere e i suoi scopi.
6. Lavorare sull’ “addestramento” dell’attenzione. Attività come la meditazione possono aiutare la persona ad acquisire maggiore consapevolezza del funzionamento rimuginatorio, notando come la mente inizi a vagare da una preoccupazione all’altra, generando una catena di pensieri negativi e disfunzionali che intrappolano la persona. Ad esempio, nella pratica della Mindfulness la mente viene addestrata a focalizzarsi nel “qui e ora”, e prendendo nota di tutte le volte in cui l’attenzione si sposta. L’obiettivo è quello di rieducare la mente a riportare l’attenzione al momento presente, comportando, nel tempo una significativa riduzione della preoccupazione cronica e del pensiero catastrofico.
Abbiamo dunque visto come la mente, nel tentativo di proteggerci da eventuali difficoltà, a volte può perdersi nel rimuginio, che diviene problematico nel momento in cui la persona si ritrova totalmente invischiata in pensieri catastrofici, accompagnati da una percezione esagerata dell’eventuale rischio e della propria presunta incapacità di fronteggiare l’evento temuto e le sue conseguenze.
Quando ci rendiamo conto che il rimuginio sta assumendo delle connotazioni problematiche dobbiamo attivarci per interromperlo e ridimensionarlo, anche attraverso le strategie che abbiamo descritto. Tuttavia, in situazioni o momenti di vita particolarmente difficili, potremmo ritrovarci ad avere difficoltà nella gestione di questo comportamento. In tal caso, è importante saper riconoscere la propria difficoltà e ricorrere all’aiuto di un professionista che saprà guidarci al meglio.
BIBLIOGRAFIA
Borkovec, T.D., Alcaine, O., Behar, E.S. (2004) “Avoidance theory of worry and generalized anxiety disorder.” In: Heimberg, R.; Mennin, D.; Turk, C., editors. Generalized anxiety disorder: Advances in research and practice. Guilford; New York.
Caselli, G.; Riggiero, G.; Sassaroli, S.: “Rimuginio”, 2017, Raffaello Cortina
Clark, D. A., & Beck, A. T. "Rimuginio. Teoria e terapia del pensiero ripetitivo”. Raffaello Cortina, Milano. (2010).
Harvey, A. G.,Watkins, E., Mansell,W., & Shafran, R. (2004). “Cognitive behavioural processes across psychological disorders”. Oxford, UK: Oxford University Press.
Comments