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Immagine del redattoreAngelica Cesaria

Vivere nel presente: imparare l'arte della Felicità





La capacità di vivere nel presente, in ogni epoca e cultura, viene identificata come sinonimo di saggezza, di equilibrio, di forza interiore, un vero e proprio requisito indispensabile per potersi definire felici e soddisfatti della propria esistenza: una vera e propria Arte del saper Vivere. Così difficile da padroneggiare e mantenere nel tempo, soprattutto in quei momenti in cui sembra impossibile per la nostra mente riuscire a restare focalizzata nel qui e ora e goderne appieno… Ma è davvero così?

Sicuramente, per la maggior parte delle persone non è un’abilità così spontanea e naturale ma, con le giuste strategie, potrebbe rivelarsi meno complicato di quanto si possa pensare. Scopriamo allora insieme qualche consiglio per migliorare questa straordinaria attitudine e percepire un maggiore senso di centratura ed autoefficacia nella nostra vita.


Ognuno di noi conosce bene cosa significa avere a che fare con una mente che vaga da un pensiero all’altro: ci si distrae continuamente, ci si perde a ruminare sul passato, nel tentativo di digerire qualcosa che proprio non riusciamo a mandare giù, o a rimuginare sul futuro, nel tentativo di anticipare, evitare, risolvere qualcosa che vorremmo, ma più spesso, non vorremmo accadesse. È capitato a tutti prima o poi di percepire la mente come un grande e confuso pentolone in ebollizione, in cui sembra impossibile afferrare i pensieri che sfuggono rapidamente, oppure di sperimentare l’esperienza del disco rotto, con la mente che ritorna costantemente su quelle note sgradevoli oltre le quali sembra impossibile andare e anzi, più si cerca di scacciare i pensieri sgraditi e più questi sembrano fissarsi; o ancora, la sensazione del buco nero, dal quale ci sentiamo risucchiati e impotenti, sopraffatti dai nostri pensieri.


Eppure, per quanto spiacevoli, questi stati della mente sono dei veri e propri tentativi di adattarsi a quelle situazioni in cui si trova particolarmente sotto pressione, anche se talvolta, in quei momenti, sembriamo aver perso totalmente il controllo dei nostri pensieri. Questi tentativi di gestire lo stress psicologico ed emotivo, talvolta possono funzionare ma altre volte finiscono per rendere meno efficaci le nostre risposte agli eventi della vita. Quando queste situazioni si verificano sporadicamente, in concomitanza di eventi particolarmente stressanti, sono di durata limitata nel tempo e non vanno ad intaccare significativamente la nostra qualità di vita, sono eventi normali: a tutti infatti capita ogni tanto di avere una giornata storta. Tuttavia, se questa condizione è accompagnata da malessere profondo o si mantiene per un periodo sufficientemente lungo, può causare stanchezza mentale, nervosismo, tristezza, calo delle prestazioni, stress cronico, ossessioni, fino a disturbi più gravi, trascinando il soggetto in una spirale da cui sembra difficile uscire. Molte persone, nel tentativo di gestire questo malessere profondo e persistente, possono arrivare a sperimentare una sorta di “pilota automatico”, ossia quella sensazione di vivere la propria esistenza come una serie compiti svolti in maniera quasi meccanica, con un grado di piacere e consapevolezza ridotto, diventando dei veri e propri spettatori della propria vita: la vita sembra scorrere senza sentirci presenti a noi stessi. Anche in questo caso, sperimentare questa condizione per un periodo limitato e privo di conseguenze significative, può essere un semplice segnale di stanchezza e non deve destare grande preoccupazione. Tuttavia, se questa condizione diventa limitante per la persona, persistente nel tempo, fino a divenire l’unica modalità percepita come possibile, allora è arrivato il momento di fare qualcosa per uscirne.


Innanzitutto, possiamo fare una prima riflessione. Nel momento stesso in ci sembra impossibile restare con la mente nel qui e ora, forse stiamo dimenticando non solo che siamo già assolutamente capaci di farlo, ma che, addirittura, è stato il nostro unico modo di vivere per una buona parte della nostra esistenza: la nostra infanzia. Quindi non occorre percorrere lunghe strade di illuminazione spirituale, diventare asceti o Maestri spirituali, ma semplicemente recuperare questa innata capacità di essere felici lì dove si è, con quello che si ha, con cui siamo nati ma che, sfortunatamente, tendiamo a dimenticare crescendo. Il crescente interesse verso la  meditazione, le tecniche di respirazione, lo yoga e le altre discipline affini, sono frutto di questo desiderio di riappropriarci di questo stato di grazia della mente che è l’attenzione non giudicante e focalizzata, che ci consente di sperimentare la piacevole e soddisfacente sensazione di vivere pienamente il momento presente.


Ecco 5 consigli pratici per ricominciare a vivere nel presente:


  1. Coltivare la consapevolezza del momento presente. In particolare, la mindfulness, termine che può essere tradotto in maniera semplice come consapevolezza, è la disciplina che propone strumenti efficaci per gestire la difficoltà dell'essere umano moderno di vivere nel momento presente. La mente umana opera in maniera incessante, processando e giudicando velocemente tutto ciò che si presenta ad essa, vagando tra ricordi, rimpianti, paure, desideri, aspettative, ruminazioni, giudizi, trascinando l'attenzione lontana dal qui e ora. Questa catena di processi si traduce nel fenomeno del pilota automatico di cui abbiamo parlato, che si presenta in maniera tanto più forte quanto più la nostra mente è portata a distrarsi dal momento presente. La mindfulness rappresenta uno stato della mente in cui l’attenzione è focalizzata e non giudicante, che si può raggiungere velocemente attraverso esercizi di pratica formale o informale (per saperne di più leggi l’articolo Mindfulness: la pratica formale e informale).

  2. Capire che la vita si svolge davvero solo nel presente. È normale e funzionale essere consapevoli del proprio passato, come fonte di esperienza, così come del proprio futuro, come possibilità di realizzazione; ma se trascorriamo la maggior parte del nostro tempo nel passato o nel futuro, ci priviamo dell’unica esperienza in cui possiamo realmente vivere: il presente. Travolti dai pensieri, dalle emozioni, schiacciati dal peso del passato o dalle aspettative verso il futuro, rischiamo di perdere di vista il presente che, di fatto, è l'unica dimensione temporale che costituisce la sua reale esistenza.

  3. Accettare e gestire le emozioni difficili: la rabbia, la tristezza, la paura, l’ansia, la vergogna. Uno dei motivi principali per cui restiamo inchiodati ai pensieri disfunzionali è dato dalla difficoltà nel gestire le emozioni spiacevoli. Quando si vive nel passato (che sia la giornata appena trascorsa o la nostra infanzia) è chiaro che qualcosa che è avvenuto in precedenza nella nostra vita sta condizionando la nostra capacità di percepirci efficaci e presenti a noi stessi. Qualcosa che ci ha resi tristi, spaventati, arrabbiati, umiliati o svalutati, inchioda la nostra mente nel passato, nel tentativo disfunzionale di risolvere la spiacevolezza legata a quell’evento. In realtà, sappiamo bene che la maggior parte del disagio psicologico ed emotivo non deriva dall’evento di per sé, ma da come lo interpretiamo. Pertanto, quando ruminiamo o rimuginiamo, stiamo tentando di rielaborare all’infinito non tanto quello che è realmente accaduto o realmente accadrà, ma quello che abbiamo provato quando è accaduto o che crediamo di provare se e quando ciò che temiamo dovesse verificarsi. Il tentativo cronico con cui ci incastriamo su alcuni pensieri è doppiamente fallimentare: primo, perché il nostro problema non si risolve affatto, mentre noi restiamo esausti; secondo, il problema viene percepito via via in maniera sempre più grave, dannosa, catastrofica e irrisolvibile, riducendo la percezione delle nostre capacità di affrontarli e facendoci percepire insicuri e incapaci senza una reale motivazione.

  4. Rientrare in contatto con il corpo aiuta a ricentrarsi nel presente. Quando la mente tende a vagare per conto suo, il corpo è una risorsa necessaria e preziosa su cui puntare. Riportare l’attenzione sul corpo è importantissimo, innanzitutto perché quando perdiamo il contatto con il presente tendiamo “trascurarlo”, magari non necessariamente nella cura esteriore, quanto nella connessione che manteniamo con esso che, per sua natura, esiste solo nel presente. La scelta è vastissima e riguarda qualsiasi grado di intensità di lavoro fisico: non solo arti marziali, meditazione, yoga, ma qualsiasi attività corporea svolta con un certo grado di attenzione e focus è dunque un ottimo strumento per riconnettere mente e corpo nel presente e sentirsi immediatamente più stabili, efficaci e radicati nel presente. Meglio ancora se praticata con una respirazione consapevole.

  5. Imparare ad accogliere la frustrazione e ad agire in maniera saggia. L’evitamento e il controllo eccessivo sono due modi opposti e spesso problematici di gestire questioni che ci risultano difficili, ma possono diventare disfunzionali e portare alla perdita dell’efficacia personale. Tuttavia, talvolta può essere giusto incaponirsi su alcune questioni così come lasciarsene alle spalle altre, se queste non dipendono da noi o l’impegno necessario a risolverle non è giustificato dal beneficio che potremmo ottenere; insomma, l’atteggiamento più funzionale risiede nel cercare di trovare il giusto equilibrio tra il perseverare e il lasciare andare. Come sapientemente espresso da Tommaso Moro nelle sue bellissime parole che costituiscono della Preghiera della Torre: “Signore, dammi la forza di cambiare le cose che posso modificare, la pazienza di accettare quelle che non posso cambiare e la saggezza per distinguere la differenza tra le une e le altre”.

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